Fukushima: il Giappone raddoppia le prime stime sulla quantità di radiazioni emesse
In molti probabilmente diranno "lo sapevo" e forse non sorprenderà eccessivamente quanto comunicato oggi dall' agenzia governativa per la sicurezza nucleare e industriale giapponese (NISA) che ritratta, più che raddoppiandoli, i primi dati forniti in aprile circa la radioattività emessa dal danneggiato impianto nucleare di Fukushima I.
Il portavoce della NISA, Hidehiko Nishiyama, ha infatti riportato che nel periodo compreso tra l'11 e il 16 marzo la radioattività emessa raggiunse una quantità pari a 770.000 terabecquerels, contro un valore stimato in circa 370.000 terbecquerels fornito in riferimento allo stesso periodo nei primi giorni di aprile quando il governo giapponese si convinse finalmente ad elevare al settimo grado della scala INES (vale a dire al massimo livello, pari a Chernobyl) l'incidente occorso alla centrale.
La stessa agenzia ha anche sottolineato come la fusione dei nuclei nei reattori 1 e 2 sia stata molto più rapida di quanto i comunicati rilasciati dalla TEPCO, la società che gestisce l'impianto, abbiano lasciato ad intendere almento fino a metà maggio quando la stessa TEPCO ha cambiato versione.
Finora la crisi e la conseguente evacuazione di una zona di 20 km. di raggio intorno all'impianto hanno obbligato 87.000 persone ad abbandonare le proprie case, i propri averi e i propri ricordi; ed ora il governo ha accennato alla possibilità di dover provvedere ad un'ulteriore evacuazione oltre la "no-entry zone" se si rilevasse che i residenti venissero esposti ad una quantità superiore ai 20 millisievert/annui di dose equivalente di radiazioni.
A distanza di tre mesi, come forse era facile prevedere, vengono a galla alcune verità taciute colpevolmente dalle autorità che, in barba al principio di precauzione e pur nell'emergenza, hanno preferito aspettare la certezza delle conferme empiriche prima di prendere provvedimenti più radicali; se da un lato la scelta può essere giustificata al fine di non creare del panico, è indubbio che si sia trattato di una decisione colpevolmente miope, tanto più grave se si pensa che già nei primi giorni successivi all'incidente il Giappone rimase sempre più solo a sostenere (e ancora a lungo) che si trattasse di un incidente del 4° grado della scala INES, inferiore anche a quello di Three Mile Island.