Il "Big One" per il Giappone corre sulla subduzione Tokai-Nankai
Mentre tutto il mondo guarda al Giappone e alla situazione sempre più allarmante dell'impianto nucleare di Fukushima I, la comunità dei geologi si interroga sul terremoto di venerdì scorso, un sisma riclassificato di magnitudo 9.0, che liberando un'enorme energia ha causato tutti quei devastanti effetti che sono sotto i nostri occhi.
Ma è stato questo il "Big One" che da tempo ci si aspettava nel paese del Sol Levante? La risposta, che può apparire insensata visto che il terremoto di Sendai dell'11 Marzo è stato tra i più forti mai registrati su scala mondiale, è no!
Il tanto temuto "Big One" che da oltre trent'anni i sismologi "aspettano" riguarderebbe un'altra faglia, la così detta faglia del Tokai (connessa alla frattura di Nankai che procede verso sud al largo delle coste orientali delle isole di Honshu e Shikoku), che corre attraverso la baia di Suruga nella prefettura di Shizuoka, circa 13o km. a sud-ovest di Tokyo, laddove la placca delle Filippine spinge sotto quella euro-asiatica.
Il Comitato di Ricerca sui Terremoti giapponese, sulla base di dati storici (è dal 1854 che la faglia del Tokai non scatena un potente evento sismico) e di teorie non condivise da tutta la comunità scientifica, ha ipotizzato che ci sia una probabilità dell'87% di avere un terremoto di magnitudo 8 o superiore entro trent'anni dal 2009 generato da tale faglia.
Il calcolo si fonda sulla presunzione che, secondo scadenze piuttosto regolari e con una determinata ricorrenza, l'energia accumulata nella frizione tra le placche debba trovare modo di "sfogarsi" all'esterno manifestandosi con un terremoto; si tratta della così detta gap theory, una teoria che può essere corretta ma che non si fonda su evidenze scientifiche e che non regge alla prova dei fatti, come già è stato dimostrato negli anni '80 e '90 da diversi studiosi americani (McCann, Kagan & Jackson) che conclusero che la sua capacità predittiva fosse del tutto casuale.
Robert Geller dell'Università di Tokyo ritiene che non c'è modo per sapere quanta energia si è accumulata nelle faglie, nè in che punti, mentre secondo Klaus Regenauer-Lieb, dell'Università dell'Australia Occidentale, l'uso della tecnologia GPS ha dimostrato che i movimenti delle placche tettoniche, inclusa quella del Tokai, sono molto lenti e questo può financo deporre in favore di un alleviamento della tensione accumulata senza scatenare alcun sisma distruttivo.
"Cionondimeno", aggiunge Phil Cummins dell'Università Nazionale dell'Australia, "al momento non sappiamo dire, senza il supporto di calcoli precisi e dettagliati, se e in che direzione gli effetti del sisma di venerdì scorso potranno aver inciso sulla faglia del Tokai, se aumentando lo stress cui è sottoposta o se riducendolo".