Non ci sono più le tastiere di una volta. Chiude l’ultima fabbrica di macchine da scrivere del mondo
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Chi ricorda più com’è fatta e come funziona una macchina da scrivere? Probabilmente nessuno dei giovani lettori appassionati di tecnologia che leggono questo sito ha mai nemmeno avuto a che fare con uno di questi apparecchi. Eppure è da lì che è nato tutto: se nel 1846 Giuseppe Ravizza non avesse deciso di trovare un modo per permettere anche ai non vedenti di scrivere, oggi forse non avremmo sottomano tastiere con 101 tasti, 12 tasti funzione, un tastierino numerico, i tasti cursore e persino tasti dedicati per avviare internet, riprodurre brani musicali, inviare e-mail…
Ormai soppiantata dai computer, la macchina da scrivere è destinata a sopravvivere solo in musei e in collezioni di appassionati: anche l’ultima fabbrica, situata in India, ha infatti cessato la produzione di questa macchina per mancanza di ordini.
In realtà sono più d’uno i presunti inventori della macchina da scrivere, senza che sia possibile definire con esattezza chi sia stato il primo. E’ forse anche per questo che non esiste uno standard unico per la disposizione dei tasti sulla tastiera: anche se in Italia il più diffuso è il QWERTY (che deriva dai primi 6 caratteri collocati in alto a sinistra), esistono anche ad esempio gli standard QZERTY e AZERTY. C’e’ chi dice che la disposizione delle lettere fu studiata appositamente per rendere più difficile, e quindi più lenta, la scrittura, evitando così che la meccanica si inceppasse; così come c’e’ chi dice che i tasti della prima riga fossero disposti in modo da permettere ai venditori di macchine da scrivere di digitare “TYPEWRITER” facilmente e senza errori davanti ai clienti.
In ogni caso, scrivere un testo su una macchina da scrivere era molto diverso rispetto allo scrivere sulla tastiera di un PC: non esisteva il tasto BACKSPACE per cancellare l’ultimo carattere scritto: in caso di errore, bisognava far indietreggiare a mano il carrello di una posizione, mettere un foglietto di speciale “carta copiativa bianca” sopra la lettera errata, e ribattere la lettera stessa, che così veniva coperta dal bianco e cancellata.
Esempio di testo scritto a macchina
(fonte: http://blog.3v1n0.net/news/nuove-te...igini-bloggando-con-una-macchina-da-scrivere/)
Alla fine di ogni riga bisognava andare a capo manualmente: nelle macchine non elettriche non c’era il ritorno a capo automatico, ma si sentiva suonare un campanellino quando mancavano pochi caratteri alla fine della riga, e bisognava riposizionare a mano il carrello e far avanzare di una riga il rullo.
E, sempre nelle macchine non elettriche, non esisteva la ripetizione dei tasti, quindi per esempio per scrivere una riga orizzontale di separazione nel testo, bisognava premere una cinquantina di volta il tasto “-“.
Primo piano sui "martelletti" che stampavano i caratteri tramite nastro inchiostrato
E che dire del copia-incolla e dell’ ”annulla”? Caratteristiche imprescindibili persino nel più banale degli editor di testi, erano semplicemente impossibili da implementare su un apparecchio meccanico, per quanto complesso, perfezionato e automatizzato come potevano essere gli ultimi modelli elettromeccanici. Sono forse proprio queste le mancanze che hanno decretato la fine di questa apparecchiatura appena 150 anni dopo la sua invenzione.